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Full text of "Il corsaro : dramma lirico in quattro atti da rappresentarsi nel Teatro Carignano l'autunno del 1847"

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DRAMMA  URICO  IN  QUATTRO  ATTI 


DA  RAPPRESENTARSI 


1/  AUTUNNO  DEL  1*4* 


TORINO 

tipografia  dei  fratelli  fatale 

•  * 

S.iii  perni  u*  Attui 

Si  vende  dal  libraio  Lorenzo  Cora  sotto  i  portici  di  Piazza  Castello 
sull’  angolo  delia  contrada  di  Po  verso  il  il.  Teatro. 


Poesia  di  G.  Sacchéro. 
Musica  del  Maestro 

A  LE  SS  A  B!  DUO  IV  I  IV  I. 


La  Poesia  e  la  Musica  sono  di  esclusiva  proprietà  degli  Appal¬ 
tatori  dei  RR.  Teatri  di  Torino,  FRATELLI  FA  VALE;  perciò 
essi  dichiarano  di  voler  godere  dei  privilegi  accordati  dalle  R. 
Patenti  del  28  di  febbraio  1820,  avendo  adempiuto  a  quanto  esse 
prescrivono.  Dichiarano  inoltre  di  volersi  valere  del  disposto  dalle 
veglianti  Leggi  e  Convenzioni  dirette  a  guarentire  le  proprietà 
scientifiche,  letterarie  ed  artistiche,  e  che  perciò  agiranno  rigo¬ 
rosamente  contro  chiunque  ardisse  di  contravvenire  a!  le  medesime. 


MUSIC  LIBRARY 
UNC-CHAPEl  HILL 


PEKSOXA&GI  ATTOISS 

CORRADO,  Corsaro.  Dobrski  Giuliano 


MEDORA. 

Vigli  ardi  Rosa 

ANSELMO. 

N.  N. 

SEID  ,  Pascià  di  Corone.  Cali  ari  Luciano 
GULNARA.  De  Ansòtegui  Giuseppa 

Corsari  —  Donne  —  Ancelle  di  Medora 
—  Capitani  e  Soldati  Turclii  —  Almas  — 
Schiavi  e  Schiave. 


La  scena ,  parte  è  in  un  isola  dell ’  Egeo  , 
parte  a  Corone .  —  Secolo  Wlll. 


Maestro  concertatore  delle  Opere 
Fabbrica  Luigi 

Primo  Maestro  deli ’  Accademia  Filarmonica 

di  Torino. 

Maestro-Istruttore  dei  Cori 
Buzzi  Giulio. 

% 

Altro  Maestro  in  sostituzione  del  sig.  Buzzi 

e  Suggeritore 

Minocchio  Angelo. 


Direttore  degli  Spettacoli  d'  Opera 
Guidi  Francesco 

Poeta  drammatico  de7  BR.  Teatri, 


Primo  violino  e  Direttore  d  orchestra 
Ghebart  Giuseppe 

Direttore  Generale  della  Musica  istrumentale 
della  Reai  Cappella  e  Camera,  e  Primo  Virtuoso  di  Camera  di  S.  M. 

Primo  violino  e  Direttore  della  musica  dei  Balli 

Gabetti  Giuseppe. 


Capo  dei  2.di violini- Opera 
Primo  violino  di  spalla 
Capo  dei  2. di  violini  -  Balli 

Prime  viole  j 

Primi  inoloncelli  j 

Primi  contrabbassi  | 

Primi  flauti  j 

Ottavino 
Primo  oboe 

Primi  clarini  j 

Primi  fagotti  j 

Primi  corni  j 

Prima  Tromba 
Primo  trombone 
Arpa 
Timpani 


Cervini  Giuseppe 
Forzano  Pietro 
Simondi  Giovanni 
Unia  Giuseppe  -  Opera 
Bale^no  Fr.  -  Balli 
Casella  Pietro  -  Opera 
Cervini  Pietro  -  Balli 
Anglois  Giacomo  -  Op. 
Casati  Giovanni  -  Balli 
Bomanino  Camillo  -  Op. 
Prato  Agostino  -  Balli 
Daniele  Pietro 
Vinatieri  Carlo 
Valable  Massime-  Opera 
Bojero  Giovanni  -  Balli 
Baspi  Michele  -  Opera 
Buccinelli  Eug.  -  Balli 
Belloli  Giovanni 
Bomanino  Luigi 
Piafanelli  Quinto 
Arnaud  Giovanni 
Concone  Giambattista 
Canavasso  Costanzo 


Cembalista  ed  accordatole 
Porta  Epaminonda. 


Direttore  della  copisteria  della  musica 
Minocchio  Carlo. 


Pittore  scenografo  —  CANTONI  FIERAMONTE. 


J i atclnnisti  Majat  Giuseppe  —  Bottione  Antonio 

Attrezzista  —  Pollo  Giuseppe. 

Inventore  e  disegnatore  dei  figurini  per  le  opere 

e  degli  attrezzi 
Pedrone  Lorenzo. 

Capo -Sarto  e  magazziniere  —  Fraviga  Vincenzo. 

Sarti  f  (^a  uomo  Barbagelato  Giacomo 
{  da  donna  Fraviga  Vittoria. 

Berettonare 

Zanata-T inetti  Felicita  —  Gallarati  Maddalena. 
Piumassaro  —  Pavesio  Vincenzo. 
Parrucchiere  —  Podio  Giovanni. 

Calzolaro  —  Bertone  Giovanni. 

Regolatore  delle  comparse  e  del  servizio 
del  palco  scenico  —  Bovio  Carlo. 


MtD  mm d 


Spiaggia  in  un’  isola  deir  Egeo.  Da  una  parte  il  mare  con 
qualche  naviglio;  dall’  altra  un  colle  su  cui  la  torre  del  Corsaro. 

Il  sole  è  presso  a  volgere  al  tramonto. 


SCENA  PRIMA. 

I  Corsari  parte  sdraiati  sali7  arena  , 
parte  intenti  a  varii  lavori  marinareschi  ingombrano 
la  spiaggia.  Le  loro  donne  sono  con  essi. 


Coro  V  iva  il  cor  che  non  alletta 

Lo  splendor  delle  grandezze  : 

Onesta  vita  ad  altri  abbietta 
Ci  è  feconda  di  dolcezze. 

Spiri  il  zeffiro  leggero  , 

Frema  il  soffio  aquilonar  — 

Corre  libero  il  pensiero  , 

Come  il  flutto  in  seno  al  mar. 

Naviganti  alla  ventura 
Disprezziam  del  ciel  gli  sdegni  : 

Nostra  legge  è  la  natura, 

Sono  i  mari  i  nostri  regni. 

Sempre  fieri  e  sempre  arditi 
Non  ci  assale  alcun  terror  ; 

E  nel  gaudio  dei  conviti 
Han  gli  estinti  eterno  onor. 

Corrado!...  All’  opre  nostre. 

( Ritornano  ai  lavori ;  le  donne  si  ritirano) 


SCENA  li. 

Corrado  e  i  precedenti. 

Corr.  Ed  ogni  giorno 

Parmi  più  abbietta  questa  vita  ,  e  indarno 
Lotto  a  lasciarla  ognor ,  ma  non  lo  posso. 

Un  fatale  poter  mi  tien  travolto 
Nell’  abbominio.  E  pur  dall’  alterezza 
Del  cor  sento  che  a  reggere  non  nacqui 
I  figli  della  colpa  !  Ahi ,  da  che  il  cielo 
Ripudiai ,  quanto  me  stesso  abborro  !  — 

Solo  T  amor,  Y  amor  per  te,  Medora  , 

Questo  amore  immortai  che  mi  consuma , 
Rattempra  i  miei  rimorsi  ,  e  la  mia  vita 
Fra  F  ira  e  il  pianto  fa  parer  gradita. 

Re  dei  mari  audace  e  fiero 
Son  terror  dei  naviganti  : 

Servon  mille  al  mio  pensiero  , 

Treman  tutti  a  me  dinanti. 

Atterrito  invidia  il  mondo 
Le  mie  glorie  ,  i  miei  tesor  ; 

Mentr  io  qui  nel  cor  profondo 
Ho  il  rimorso  punitor.  [Appare  una  nave) 
Coro  Oh  !  giunge  una  nave  —  F  insegna  vermiglia 

V  annunzia  per  nostra  ;  fissate  le  ciglia. 

E  quella  d’  Anselmo. 

[La  nave  si  avvicina  e  getta  C ancora.  Anselmo 
con  alcuni  Corsari  scendono  nel  battello 
e  si  accostano  alla  riva) 

Che  nuove  recate? 

V  ha  indizio  di  preda  pei  mari? 

Corr.  Cessate. 

SCENA  III. 

Anselmo  e  i  precedenti. 

Corr.  Che  rechi,  fratello  ? 

^NS*  Sollecito  un  foglio 

Che  il  greco  esplorante  sull’  alba  mi  diè. 

( dandogli  un  foglio  ;  Corrado  lo  legge) 


f.  hr.  (Che  legge  -  non  monta  -  del  Turco  l’orgoglio 
Più  a  lungo  impunito  restare  non  de’.  ) 
Compagni  ,  la  nave  preparisi  ancora  : 
Correte  :  fra  un’  ora  saremo  sul  mar.  — 
Ahi!  forse  domani  dovran  di  Medora 
Per  me  le  pupille  nel  pianto  nuotar  ! 

Oh  !  non  ritorni  in  lagrime 
L’  occhio  gentil  di  lei  -, 

Mie  le  sue  colpe  furono. 

1  suoi  dolor  sien  miei. 

Scaglia  ,  o  destin ,  la  folgore 
Su  me  del  tuo  rigor  , 

Ma  non  voler  più  misero 
Quell’  amoroso  cor  ! 

Coro  Sciogliam  pei  mari,  intrepidi, 

Come  alcioni  il  voi  : 

Avrem  propizie  1’  aure 
Poi  che  fìa  spento  il  sol.  ( Partono ) 

SCENA  1Y. 

Medora  venendo  mestamente  dal  colle. 

Corrado  ov’è?  L’  ho  ricercato  indarno 
Per  tutto  il  colle.  Oh  affanno!  -  ignora  e i  forse 
Che  di  mille  paure  tormentose 
È  la  mia  solitudine  ripiena  ?  — 

Altrieri  se  non  poss’  io  narrarla  a  lui  , 

S’  affidi  al  canto  F  amorosa  pena. 

Cara,  segreta,  ignota  al  sol,  romita  (*) 

Vive  la  cura  che  m’  accende  il  cor  5 
Risponde  al  tuo,  se  a  palpitar  F  invita, 

Poi ,  come  pria ,  trema  in  silenzio  ancor. 

Arde  simile  a  sepolcral  facella 

Lenta  ,  non  vista  e  d’ immortai  virtù  : 

Ben  la  speranza  può  morir ,  non  ella  , 
Bench7  oggi  è  tìoca  qual  più  mai  non  fu. 

(*■)  Togliamo  dal  Corsaro  di  Byron  ,  dal  quale  abbiamo  desunto 
il  presente  argomento,  questi  versi  leggiadramente  tradotti  dai 
Nicolini. 

*1 


IO 


Qualcun  s'  accosta  ...  esser  colui  poirìa  ... 

Oh  gioia  !  —  è  desso  —  esulta,  anima  mia  ! 
0  tu ,  sospir  mio  tenero  , 

Che  palpitando  io  chiamo  , 

Vieni  e  t’  udrai  ripetere 
Come  t’  ho  amato  e  t7  amo  : 

Mesta  così  più  vivere 
Lungi  da  te  non  so  : 

Vieni  —  co  tuoi  confondere 
I  miei  sospiri  io  vo\ 

SCENA  V. 

Corrado  e  Medora. 


Med. 

CORR. 

Med. 

Corr. 

Med. 

Corr. 

Med. 

Corr. 

Med. 


Ah  !  ti  ritrovo  alfìn. 

Dolce  Medora! 

Perchè  mi  lasci  solitaria  e  mesta  , 

Mentre  1’  amarti  è  l7  unica  mia  gioia  ? 

Amami  pur  •  dell7  avvenir  t7  è  pegno 

Jutto  il  passato  —  il  nostro  amor  fia  eterno  ... 

Quale  acerbo  pensiero 

Ti  traversa  la  mente  ? 

Il  cor  rinfranca. 

Di  nuovo,  or  or  —  ma  fia  per  poco  —  è  d’uopo 
Abbandonarci. 

Abbandonarci  or  ora  ? 

Ahi  !  mel  predisse  il  cor! 

Non  temer  nulla. 

G ravi  rischi  non  tento  —  al  nuovo  giorno  , 
Spero  ,  il  sol  brillerà  sul  mio  ritorno. 

Cedi  cedi  ,  e  non  lasciarmi 
S7  egli  è  ver  che  m7  ami  tanto  ; 

Non  esporti  ancor  fra  Y  armi 
Se  non  vuoi  eh’  io  resti  in  pianto  : 

Ciel  piu  vago  e  suol  più  ameno 
L  universo  offrir  ci  può  : 
f  uggiam  tosto  ,  e  sul  tuo  seno 
Notte  e  dì  riposerò. 


11 


Corr.  La  tua  vita  incerta  e  mesta  f 
Generosa  creatura  , 

Più  crudele  e  più  funesta 
Rende  a  me  la  mia  ventura. 

Per  mia  colpa  ,  o  giovili  core  , 

Molto  hai  pianto  ,  io  ben  lo  so  ; 

Ma  i  sorrisi  dell’  amore 
A’  tuoi  giorni  renderò. 

(A  ode  uno  squillo ,  si  radunano  Anselmo,  i 
Corsari  e  le  Donne  ;  la  nave  d1  Anselmo 
si  scioglie  dall ’  ancora  e  dispiega  le  vele) 

SCENA  VI. 

Coro  Al  mare  ,  al  mare  !  tutte  già  stende 
La  sciolta  nave  le  vele  al  vento. 

Corr.  Ciascuno  è  in  punto  ? 

Coro  Te  sol  s7  attende. 

Corr.  Spada  e  mantello. 

Ans.  Son  pronti  qui. 

Corr.  Al  mare,  al  mare! 

Med.  Morir  mi  sento  ! 

Corr.  Addio  ! 

Med.  Mi  lasci  dunque  così  ? 

Corr.  Addio  —  fa  cor  —  non  piangere, 

Ci  rivedrem  ,  ben  mio  ! 

A  te  costante  e  fervido 
11  mio  pensier  verrà! 

Med.  Addio  ,  sospir  mio  tenero  , 

Con  mesto  allctto  addio  ! 

Fin  eh1  io  vivrò  ,  quest/  anima 
Tua  ,  sempre  tua  sarà  ! 

Anselmo  e  Coro 
Salpa  ,  salpa  5  il  sol  s7  asconde  , 

L7  aura  invita  a  navigar. 

Salpa ,  salpa  5  in  mezzo  all1  onde 
È  la  patria  del  corsar. 

( Corrado  abbracciata  Medora  ,  e  i  Corsari 
salutate  le  loro  donne ,  montano  sulla  nave. 
Addio  generale) 

Cade  la  tela. 


Giardini  nel  palazzo  di  Seid  presso  la  rada  di  Corone; 
in  fondo  si  vede  parte  del  golfo  sparso  di  navi.  È  notte;  le  sale 
ed  il  giardino  sono  illuminati  a  festa. 


SCENA  PRIMA. 

Seid  è  assiso  sopra  un  divano  , 
circondato  dai  suoi.  Capitani.  Le  Almas 
li  rallegrano  coi  loro  canti. 


Coro  11  allegratevi,  o  credenti 
Nella  legge  di  Macone , 
Sgombrerai!  le  greche  genti 
Dalle  rade  di  Corone. 

Ogni  acciai*  del  Musulmano 
Formidabil  scenderà  ... 

Chi  confida  nel  Corano 
Vincitor  ritornerà. 

Seid  Ben  di  guerra  a  un  sol  mio  grido 
Si  vedran  fuggir  distrutte , 

Prodi  miei ,  da  questo  lido 
Del  Corsar  le  genti  tutte. 
Render  mia  la  mia  contrada  , 
Ritornarla  in  libertà 
Io  giurai  per  la  mia  spada  , 
lo  giurai  pel  sommo  A 1 1  à  ! 


lo 


SCENA.  IL 

Gulnarà  seguita  dalle  schiave ,  e  i  precedenti . 

Coro  Chi  è  mai  costei  che  tacita 

In  sì  cupa  mestizia  a  noi  s7  avanza  ? 

Di  gemme  al  fronte  è  splendida  , 

E  come  Peri  è  bella  alla  sembianza. 

Seid  Suoni  concorde  il  plauso  5 

La  ben  venuta  è  F  angiol  del  cor  mio. 
Coro  Addio ,  serbata  all7  estasi 

D7  eccelso  amor  ,  gentil  Gulnara  ,  addio  ! 
Seid  Confida,  o  bella  ,  al  facile 

Canto  le  vaghe  fantasie  del  cor. 

Coro  Sposa  agli  accordi  ,  o  tenera  , 

La  patetica  tua  voce  d7  amor. 

Guln.  Lieto  chi  vive  ,  beato  il  petto 

Dalle  dolcezze  d7  un  puro  affetto  : 

Lieto  chi  acceso  d7  amor  sospira , 

Vergine  F  alma  d7  affanno  e  d7  ira. 

Più  che  dei  fiori  gli  effluvii  cari 

r,  ’l  •  °  1,  .  . 

E  il  sospir  grato  d  un  giovm  cor  -, 

Più  che  le  perle  dei  nostri  mari 
Ha  pregio  un  dolce  bacio  d7  amor. 

Coro  E  tu  ,  Gulnara  ,  sei  ben  felice  , 

Chè  ha  culto  e  onore  la  tua  beltà. 

Guln.  (  Io  sono  schiava  ,  nè  amar  mi  lice  : 

Amor  non  vive  che  in  libertà.  ) 

Son  molto  cari  per  le  gentili 

Figlie  de7  chioschi  serti  e  monili  , 

Son  lor  diletti  profumi  e  fiori 
Più  che  le  gioie  dei  primi  amori. 

Ma  chi  ha  sortito  fra  un  paradiso 
D7  aere  e  di  luce  più  nobil  cor  , 

Ama  un  giocondo  d7  amor  sorriso 

Più  che  le  pompe ,  le  gemme  e  i  fior. 
Coro  E  il  dolce  affetto  del  tuo  signore 
Rallegra  sempre  la  tua  beltà. 

Guln.  (  Oh  !  F  imperato  bacio  d  amore 
Rende  abborrite  le  voluttà  !  ) 


14 


SCENA  III. 


Uno  Schiavo  e  i  precedenti ,*  quindi  Un  Dervis. 

Sch.  Fuggito  alle  catene  dei  corsari 
Chiede  un  Dervis  parlarti. 

Seid  Inoltri  tosto. 

(Lo  Schiavo  parte  ;  poco  di  pòi  entra  rive¬ 
rente  il  Dervis ) 

IV  onde  ?  o  Dervis  ? 

Dervis  Dagli  antri  dei  pirati 

Fuggitivo. 

Seid  Che  pensan  quei  perduti  ? 

Non  san  che  in  breve  incendierem  lor  nidi  ? 
Dervis  Pascià ,  ben  fiacco  indagatore  è  Y  occhio 
D’ incatenato  prigionier  che  piange 
I  suoi  liberi  giorni. 

Però  dal  mio  fuggir  puoi  tu  raccorre 
Che  tema  di  periglio  essi  non  hanno. 

(/)’  improvviso  vedesi  il  golfo  rischiarato') 
Seid  Che  fìa  ?  qual  luce  innalzasi  dal  golfo  ? 

(Sparo  di  cannone) 
Oh  tradimento!  —  All1  armi  !  Ardon  le  navi... 
Dervis  (  Ahi  !  troppo  tosto  i  miei 

Posero  fuoco  all’  inimica  flotta  !  ) 

Coro  All1  armi ,  all’  armi  !  ( Partono ) 

Dervis  (trattenendo  il  Pascià)  Arresta  i  passi  tuoi. 
Seid  Che  brami  ? 

Dervis  0  stolto  ,  e  chiedere  mel  puoi  ? 

Al  furor  che  invan  nascosto 
Serbo  in  sen  non  mi  ravvisi  ? 

Seid  Che  ?  saresti  ... 

Dervis  11  mar  frapposto 

Ambidue  ci  ha  mal  divisi. 

Seid  Dei  miei  sensi  in  mezzo  all’  ira 
Di  conoscerti  ho  sospetto  ... 

Dervis  Sì  ,  non  erri  —  è  ver  —  rimira 

(gettando  la  tunica ) 
Chi  t1  abborre  ,  o  maledetto. 


15 

Seid  Tu  il  Corsari  (con  so?' presa) 

Corr.  Ben  io  —  che  anelo 

Al  tuo  sangue  ...  (cavando  il  ferro') 
Seid  Tradi tor  ! 

Corr.  Cava  il  brando  ,  e  inferno  e  cielo 
Sfiderem  pugnando  ognor. 

( Seid  snuda  la  sciabola ) 
Pugniam  —  dell’  ira  il  fremito 
Nel  gonfio  cor  non  langue  ; 

Delle  tue  lunghe  ingiurie 
Dammi  ragion  col  sangue  ! 

L  odio  mortai  comprimere 
Più  nel  mio  cor  non  so  5 
Pugniam  —  svenare ,  o  perfido , 

E  maledir  ti  vo’. 

Seid  Pugniam  —  fra  Y  armi  intrepido 
Non  ho  terrori  in  volto  • 

Sfrena  l’ insana  rabbia  , 
lo  la  disfido  ,  o  stolto  ! 

Del  pari  aneli’  io  t’  abbondino 
Più  che  abborrir  si  può  ; 

Pugniam  —  colpire  ,  o  perfido , 

In  mezzo  al  cor  ti  vo’. 

Corr.  Vibra  pur. 

Seid  Guerra  a  morte  ! 

Corr.  0  svenato 

Al  tuo  piede,  0  su  te  vincitori  (Si  battono ) 


SCENA  IV. 


Capitani,  Guahdie,  Gulnara ,  Almas ,  Schiave  e  (letti. 

Coro  Ferma  ,  audace  ,  V  acciaro  snudato. 

Seid  Ei  s’  arresti. 

Coro  Chi  è  mai  il  malfattor  ? 

Seid  II  Corsaro. 

Tutti  (con  terrore)  11  Corsaro  I 
Corr.  Son  quello 

Che  vi  fui  di  spavento  sul  mar. 


16 

Guln. 


(  Ei  Corrado  !  Sì  altero  e  sì  bello 
Al  sembiante  ,  esser  puote  un  Corsari) 

Seid  Dell’acciar  sia  spogliato  l’insano. 

Coro  Rendi  T  arma. 

Corr.  Scostatevi  —  no. 

Niun  si  attenti  levar  la  sua  mano  — 

10  Y  acciar  da  per  me  deporrò. 

E  che  ?  d’  armati  fra  tanto  stuolo 

Temete  forse  eh’  io  fuggir  possa  ? 

Contro  voi  tutti  pugnando  io  solo 
Gli  sdegni  vostri  potrò  sfidar  ? 

Eccovi  il  brando  —  vi  vendicate  ; 

(getta  il  ferro ) 

Sia  qui  dischiusa  per  me  la  fossa  : 

L’  uomo  funesto  che  detestate 
Senza  un  lamento  saprà  spirar. 

Seid  Corsar  superbo  ,  suonata  è  l’  ora  , 

L’  ora  bramata  della  vendetta  • 

De’  tuoi  misfatti  non  ulti  ancora 
Or  dèi  la  giusta  pena  portar. 

Dall’  imo  abisso  cui  sei  caduto 

Non  può  sottrarti  che  morte  abbietta  : 
Muori  incompianto  —  Dio  V  ha  voluto  — - 
Le  antiche  offese  densi  scontar. 

Coro  Muori  incompianto  !  —  Son  parte  estinti 
Gli  empi  ministri  de’  tuoi  disegni  ; 

E  gli  altri  aneli’  essi  di  ferri  avvinti 
Con  te  bentosto  dovran  spirar. 

Fu  per  tuo  cenno  che  in  mare  occulti 
Arser  la  nostra  flotta  gl’  indegni  ; 

Or  dèi  la  pena  di  tanti  insulti 
Con  la  tua  vita  ,  fellon  ,  scontar. 

Guln.  (  A  quel  soave  lampo  del  guardo , 

A  quella  vaga  sembianza  altera  , 

No ,  non  è  vero  che  un  cor  codardo 
Dentro  al  suo  petto  debba  albergar. 

Pur  non  so  dire  per  qual  malìa 

11  cor  per  esso  si  affligge  e  spera; 

Nè  perchè  aneli7  ella  quest7  alma  mia 
Mesta  e  commossa  tremante  appar  !  ) 


17 

Seid  Mal  ,  Corsaro  ,  hai  tu  sperato 

Gir  pei  mari  vagabondo  ; 

E  impunito  ,  o  sciagurato, 

Spaventar  coll’  opre  il  mondo. 

Or  sei  meco  ,  e  i  tuoi  tormenti... 

Corr.  Non  seguir  gli  acerbi  accenti. 

Fiero  e  forte  io  durar  posso 
Al  destili  che  m’  ha  percosso. 

Seid  Temerario  ! 

Corr.  Che  sei  lento 

A  punirmi  di  tua  man  ? 

Seid  Che  ?  morir  d’  un  sol  tormento 

Brami  forse?  —  oh,  il  brami  invanì 
No  ,  sarìa  la  sollecita  morte 
Un  ristoro  dei  lunghi  dolori  ; 

D’  un  supplizio  più  atroce  e  più  forte 
Vo*  punirti  ,  e  d  angoscie  maggiori  ! 

Non  estinto  ,  ma  quasi  morente 
Lungamente  oltraggiare  io  ti  vo\ 

Coro  No ,  sarìa  la  sollecita  morte 

Un  ristoro  dei  lunghi  dolori  ; 

Tu  ben  inerti  un  supplizio  più  forte  , 

Nuovi  spasimi ,  angoscie  maggiori. 

Il  tuo  sangue  a  rilento  versato, 

Scellerato,  placarci  sol  può. 

Corr.  Perchè  mai  ,  vili  schiavi  ,  oltraggiate 

Un  nemico  che  ha  un  fremito  ancora? 

Oh!  soltanto  in  morir  rispettate 
Chi  v’  astrinse  a  tremare  talora  I 
Io  morrò  ,  ma  —  chi  sa  ?  —  vendicato , 
Vendicato  ,  o  codardi ,  sarò  ! 

Guln.  (  Mentre  ognun  nel  bollore  dell’  ira 
Lo  minaccia  con  gioia  feroce , 

Perchè  mai  dentro  al  cor  che  sospira 
Di  pietà  mi  favella  una  voce  ? 

Sventurato  !  sì  intrepido  e  forte 
Alla  morte  sottrarsi  non  può  !  ) 

( Partono ) 


Cade  la  tela . 


Slanza  nella  torre  di  Seid  :  da  un  lato  porta  che  introduce 
agli  appartamenti  del  Pascià  ;  in  fondo  uscio  segreto  che  mette 

alla  spiaggia  —  È  notte. 


SCENA  PRIMA. 

Corrado  dorme  sdraiato  sopra  uno  stramazzo. 

Gulnara  ,  schiusa  la  porta  laterale  , 
si  avanza  esitante  con  una  lampada  in  mano. 


Guln.  Ei  dorme  —  mentre  lacrimando  stanno 
Sul  suo  destiti  gli  ocelli  di  tanti  e  i  miei. 

Oh  ,  qual  malìa  mi  fa  costui  sì  caro  !  — 

Un  sospiro  1  —  ei  ridestasi. 

Corr.  Chi  vedo  !  — 

Ancor  tu  qui  —  che  vuoi  ? 

Guln,  Salvarti  —  ho  tolta 

Questa  comma  perciò  del  mio  sonore  , 

Che  mi  schiude  ocni  varco  -,  e  compri  e  presti 
Al  mio  voler  son  molti. 

Corr.  Ah  !  tanto  zelo 

Turba  ,  o  Gulnara  ,  un  mio  tenero  affetto 
Che  al  mondo  io  fea  pensier  ,  pria  di  vederti, 
C1T  unico  fosse  .... 

Culn.  Ami  tu  dunque  un’altra? 

Amala  pur  —  che  dico!  —  Ed  io  che  t’  amo 
Più  della  vita  mia  ,  più  di  me  stessa  , 

Lieta  ed  amata  non  sarò  giammai  ! 


19 


CORR. 


Guln. 


Corr. 


Guln. 


Corr. 


Guln. 


Corr. 

Guln. 


Che  !  tu  m  ami  ?  —  Intesi  il  vero  , 

Tanto  amor  per  me  t’  accende  ? 

Del  mio  sen  mortai  pensiero 

I  tormenti  non  comprende. 

Parla  ornai  ,  nell’  alma  mia 
Le  tue  pene  accoglierò. 

Quel  che  il  cor  tacer  vorrìa 
Più  nasconderti  non  so. 

Benché  in  odio  ad  ogni  gente 
Questo  cor  non  C  ha  abborrito  ; 

10  ti  piansi  amaramente 
Nell’  udirti  un  reo  bandito. 

Poi  nel  dì  che  ti  mirai 
Perdei  senno  —  et1  adorai. 

Oh  !  I1  amor  che  il  sen  m’  accende 
Non  ha  speme  nè  desir 
E  nell’  anima  risplende 
Come  face  per  morir. 

Se  tu  sai  che  de’  miei  giorni 
La  speranza  è  disparita  , 

Perchè  vuoi  che  in  me  ritorni 

II  desìo  di  questa  vita  ? 

Fuggi  ,  o  cara  -,  agli  occhi  miei 
Tutto  sembra  illanguidir. 

Fuggi  ,  ah  !  fuggi  ,  io  non  saprei 
Rimirandoti  morir. 

No  ,  t’  avanza  un  scampo  estremo  ; 

Guarda  il  ferro  che  al  sen  premo. 

Che  vuoi  dir  ? 

Vieni  —  un  naviglio 
Ambidue  nel  porlo  aspetta  — 

11  Pascià  là  chiude  il  ciglio  ... 

Va  —  compisci  la  vendetta. 

( dandogli  il  pugnali  ] 
Eccoti  —  un  colpo  —  e  subito 
Salvi  sarem  ,  Corsaro  ; 

Altro  in  quest7  ora  orribile 
Non  v7  ha  per  noi  riparo  — 

L7  impugna  —  il  vibra  e  salvaci 
Dall7  odio  suo  mortai. 


20 

Corr.  Ah  !  così  vile  e  perfido  , 

Donna  ,  non  fui  giammai  : 

In  campo  aperto  ,  intrepido  , 

Sempre  1’  acciar  trattai  ! 

Nè  so  curvarmi  a  stringere 
Il  traditor  pugnai. 

Guln.  Ben  proverò  se  il  sappia 

Mia  man  trattar  —  qui  tu 
Per  poco  attendi  —  o  liberi , 

0  non  vedremci  più  ! 

[Entra  nelle  stanze  di  Seid ) 
Corr.  Sparve  —  che  tenta  ?  —  e  perdere 
Può  senno  e  cor  per  me  ? 

( Dopo  brevi  istanti  ritorna  Gulnara  colla 
veste  macchiata  di  sangue .  Ella  schiude 
r  uscio  segreto  ;  balte  le  mani  ed  accorrono 
schiavi  e  corsari ) 

Guln.  Tutto  è  compiuto  —  seguimi , 

Fuggiamo  —  ei  più  non  è  ... 

Mi  costi  assai  —  non  fremere  , 

Ti  svelerò  il  mio  cor. 

Corr.  Per  te  salvato  !  —  Ah  ,  sembrami , 

Cielo  ,  eh'  io  sogni  ancor  ! 

Coro  Fuggiam  pria  che  ridestisi 

Il  musulman  furor.  ( Partono } 

SCENA  II. 


Spallo  sulla  vetta  del  colle  dov’  è  la  torre  del  Corsaro. 
Medora  in  delirio  ,  e  le  sue  Ancelle. 

Coro  Son  più  dì,  la  poveretta  , 

Che  piangendo  attende  e  spera  : 

0  Signor  ,  sia  benedetta 
Oggi  almen  la  sua  preghiera. 

La  bellezza  del  suo  volto 
Ogni  dì  languendo  va  -, 

E  lo  spirito  sconvolto 
Più  fe  rmezza  in  lei  non  ha. 


21 

Med.  Il  terzo  giorno  è  volto  —  ed  ei  non  giunge  , 
Sebbene  lieve  il  vento  ,  il  mar  fu  calmo.  — 
Voi  non  parlate  —  Orsù  ,  di  lui  novelle  : 
Rispondete  ,  dov’  è  ? 

Coro  Cara  ,  n  è  ignoto. 

V’  è  alcun  però  che  non  estinto  il  dice  : 
Ferito  il  crede  ,  prigionier  —  ma  vivo. 

Med.  No  ,  non  è  vero ,  esser  non  può.  Nessuno 
Ha  cor  che  basti  a  imprigionar  Corrado.  — 
Guardate  —  ecco  una  vela  —  alfin  ei  riede  : 
Il  core  che  per  lui  piange  e  sospira 
Me  lo  predice. 

Coro  Misera  ,  delira  ! 

Med.  0  vaga  luce  del  viver  mio  , 

Conforto  e  gioia  de’  mesti  dì , 

Se  m’  ami  ancora  qual  t’  amo  aneli’  io  , 
Perchè  mi  lasci  sola  così  ! 

Sulla  mia  fronte  giovine  e  mesta 
Spenta  è  la  pompa  dei  vaghi  fior  ; 

Solo  e  appassito  tuttor  vi  resta 
Appena  quello  del  primo  amor. 

Coro  Povero  cor ,  del  lacerato  affetto 
La  piaga  acerba  diverrà  mortai. 

Med.  Egli  non  giunge  ,  e  nell’  affranto  petto 
Sento  mancare  la  virtù  vital. 

Ah  !  quando  gelido 
Sarà  il  mio  core , 

Vien  presso  il  tumulo 
Dov7  io  sarò. 

E  solo  in  premio 
Di  tanto  amore 
Spargi  una  lagrima 
Per  chi  t’  amò. 

Coro  Giunta  è  una  nave  —  ascendere 
Si  vede  un  uom  —  chi  fìa  ? 

Med.  È  desso  —  oh  immenso  giubilo  !  ... 


/ 


\ 


I 


SCENA  ili. 


Corrado  e  le  precedenti . 

Corr.  Son  io  ,  Medora  mia.  ( abbracciandola ) 

Vieni  al  mio  seri ,  V  inebria 
Dei  tuoi  trasporti  ancora  5 
Pietoso  alle  lue  lagrime 
Mi  rende  il  cielo  a  te  ! 

Mrn.  Stringimi  ,  o  caro  ,  ah  !  stringimi 
Fra  le  tue  braccia  ancora  , 

Sia  benedetto  P  angelo 
Che  ti  condusse  a  me  ! 

Come  dai  ceppi  libero  ? 

Corr.  Per  la  pielade  altrui. 

^JEI)-  Dimmi,  per  chi  ? 

SCENA  IV. 


Gulnara  ,  Corsari  e  1  precedenti. 


Corr. 

Mf.d. 


Guln. 

Med. 


Guln. 


Rimirala  , 

Salvo  per  essa  io  fui. 

Per  lei  —  che  intendo  !  —  oh  smania  ! 

Come  ?  — -  tu  tremi  !...  (, a  Gulnara) 

(  Ahimè  !  ) 

Gran  Dio,  quel  sangue...  ah!...  {clan  do  indie¬ 
tro  in  iscorgere  la  di  lei  veste  insanguinata ) 

Ascoltami  : 

Sai  di  chi  sangue  egli  è  ? 

Non  scostarti  —  condannarmi 

Ponno  il  cielo  e  il  mondo  intero  : 

Ma  tu  devi  perdonarmi  , 

Tu  che  leggi  il  mio  pensiero. 

Se  una  colpa  tenebrosa 
Non  pesasse  su  di  me, 

Di’  ,  saresti  ancor  la  sposa 
Di  quest’  uom  eh’  io  torno  a  le  ? 


Med. 


CORR. 


(  >()RO 

Med. 

Guln. 

(Ìorr. 


Guln. 


Med. 

Gorr. 


Guln. 

Med. 

Guln. 


Taci,  taci:  assai  parlasti-, 

Ben  comprendo  il  tuo  terrore  : 

Ma  quest’  uom  che  liberasti 
E  il  mio  primo  e  solo  amore. 

Deh ,  non  far  che  lacerato 
Questo  cor  sia  un  dì  per  te  • 

Un  amore  sventurato 

Più  del  mio  quaggiù  non  v’  è  ! 

Sciogli  il  dubbio  dal  tuo  petto 
Se  a  te  caro  io  son  qual  fui  : 

Nè  voler  col  reo  sospetto 
Raddoppiar  le  angoscie  altrui. 

Le  ti  accosta  e  la  conforta, 

Ella  piange  innanzi  a  te  ; 

Nel  suo  cor  la  gioia  è  morta  , 

Sventurata  e  sola  eli’ è! 

Oh  !  T  accogli  e  la  conforta 
Se  infelice  e  sola  eli7  è  ! 

Sventurata  ! 

Or  più  che  mai! 

Quanto  costi  la  mia  vita 
A  costei  tu  ancor  non  sai  ! 

Lascia  pur  eh’  io  sia  abbon  ita  ( a  Con  .) 
Dal  suo  labbro  ed  esecrata; 

Ma  tu  qui  non  rinfacciarmi 
Di  queir  opra  scellerata. 

Segui,  segui. 

Per  salvarmi 

Con  un  ferro  il  suo  signore 
Che  dormìa  percosse  al  core. 

Non  lo  dir  che  il  sen  mi  frangi  ; 

Troppo  orrendo  è  il  mio  martìr. 

Infelice  !  ( commossa  fino  allo  lagrime) 

Ab  !  se  tu  piangi 
Sul  tuo  seno  io  vo’  morir. 

JVT  apri  le  braccia ,  accoglimi 
Solo  un  istante  al  petto  : 
lo  qui  non  vengo  a  frangere 
Un  corrisposto  affetto. 

Qual  volontaria  vittima 
Vengo  a  espiar  1’  error  , 


24 


Ma,  pria  ch’io  muoia,  ispirami 
Sensi  pietosi  in  cor. 

Mfd.  0  generosa  vittima  , 

Soffrir  di  più  non  dèi  ; 

Troppo  ,  ah  !  pur  troppo  misera 
Per  noi  tu  fosti  e  sei. 

Vien  ,  confondiam  le  lagrime  , 

T  apro  le  braccia  e  il  cor  : 

Meco  sicuro  ed  ampio 
Avrai  ricetto  ognor. 

Corrado  e  Coro 
Ti  colmi  il  ciel  di  grazie  , 

0  amata  creatura, 

Che  con  pietà  benefica 
Tempri  la  sua  sventura. 

Piangete  insieme  ,  o  misere  , 

Così  congiunte  ognor  : 

Le  accomunate  lagrime 

Son  refrigerio  al  cor.  ( Partono ) 


Cade  la  tela. 


Vestibolo  di  un  castello  diroccato  :  in  fondo  una  torre 
con  un  uscio  ferralo. 

SCENA  PRIMA. 

Entra  Corrado  sostenendo  fra  le  sue  braccia  Medora 
tutta  atterrita  e  ravvolta  nel  mantello  di  lui.  Egli 
la  rincora  ,  e  getta  via  il  mantello  che  la  ricopre. 
Poco  di  poi  Gulnara. 

Corr.  Terribil  dì!  Dei  musulmani  brandi 

Su  noi  piombati  è  la  vendetta  orrenda 
Compiuta  ornai.  Caddero  spenti  i  miei  ; 

Strusse  il  fuoco  il  mio  asii  ;  nè  più  mi  resta 
Dove  occultar  la  donna  del  mio  core. 

Mei).  Ab  !  eh’  io  muoia  con  te  —  ma  non  lasciarmi. 

{Entra  Gulnara) 

Guln.  No  ,  non  ti  lascera  —  qui  vi  celate. 

( additando  la  torre) 

Corr,  Ma  tu  ? 

Guln.  Di  me  che  importa  ! 

Med.  0  generosa  ! 

Guln.  Entrate  ,  alcun  s’  avanza.  {schiude  la  porta 
Med.  Oh  cielo  !  della  torre ) 

Guln.  Entrate, 

lo  vi  difenderò  con  la  mia  vita. 

{Corrado  e  Medora  entrano  nella  torre . 

Gulnara  chiude  la  porta ) 
9 

Jmi 


26 


Deh  !  guardateli ,  o  cieli  !  io  che  piangendo 
Ardo  per  lui  d’  un  disperato  amore  , 

Io  non  chiedo  al  destin  che  di  poterli 
Rendere  salvi  e  lieti  —  -e  poi  morire  ! 

SCENA  II. 

Seid  e  Gulnàra. 

Seid  Tu  morirai. 

Guln.  Gran  Dio!  Rabbrividendo') 

Discerno  il  ver?...  Seid  !... 

Seid  Empia ,  son  io.  — 

Son  io  T  uom  che  t’  elesse  sultana 
Delle  belle  alla  gioia  serbate , 

Son  io  r  uom  che  dormendo  ,  o  inumana  , 
Trafiggesti  con  mani  spietate. 

Guln.  Per  mio  strazio  e  supplizio  maggiore 
Fin  gli  estinti  ritornano  in  vita  ! 

Seid  Del  pugnai  che  scagliasti  al  mio  core 
Non  fu  ,  o  cruda  ,  mortai  la  ferita. 

Guln.  Me  punisci,  disfrena  lo  sdegno, 

Sostener  più  la  luce  non  so. 

Seid  Tu  morrai  ,  ma  col  complice  indegno 
Mortalmente  percuoter  ti  vo\ 

Di’  ,  in  qual  luogo  il  Corsar  si  nasconde  ? 

Ov’  è  desso  ,  perversa  ,  tu  il  sai. 

Del  tuo  labbro  V  ardir  si  confonde  ? 

Parla  ,  parla  ,  o  trafitta  cadrai  ! 

Io  lo  voglio  in  mia  mano  ,  lo  senti , 

Te  Y  impongo  ;  rispondi  ,  dov  è  ? 

Parla ,  parla  —  o  i  più  crudi  tormenti 
Apprestati  saranno  per  te. 

Guln.  Me  trafiggi  ,  ov’  è  desso  m’  è  ignoto  ; 

Chiedi  ad  altri  e  saper  lo  potrai  : 

Ma  un  tal  luogo  se  fossemi  noto , 

No  ,  da  me  noi  sapresti  giammai  ! 

Tu  puoi  darmi  qualunque  tormento , 

Puoi  scagliar  mille  morti  su  me  , 

Ma  piuttosto  che  dirti  un  accento 
Trucidar  lascerommi  al  tuo  piè. 


Seid  Non  vuoi  dirlo  ? 

Guln.  Noi  so. 

Seid  Da  me  stesso 

Scoprirò  dove  1’  empio  fuggì...  (aggirandosi) 
Ma  che  vedo!  —  un  mantello...  è  ben  d’esso. 
Guln.  Oh  !  no  ,  no. 

Seid  Lo  comprendo  ,  egli  è  qui. 

(i mostrando  la  torre ) 
Guln.  Oh  destin  !  che  farò  per  salvarlo  ? 

Seid  Yien  ,  mi  segui. 

Guln.  (trattenendo io)  Possibil  non  è. 

Seid  Te  f  impongo  ,  mi  guida  a  trovarlo  , 

In  mia  mano  lo  voglio  da  te. 

Guln.  Non  sarà  mai  —  trafiggimi , 

Pietà  ,  pietà  di  lui  : 

Su  me  ,  signor  ,  ti  vendica  , 

L’  empia  soltanto  io  fui. 
lo  non  mi  prostro  in  lagrime 
Non  vo’  per  me  pietà  : 

Per  le  mie  colpe  orribili, 

Lo  so  ,  perdon  non  v’  ha. 

Seid  Tu  P  hai  sottratto  ,  o  perfida  , 

Dalla  fatai  sua  sorte  ; 

E  tu  per  tuo  supplizio 
Dovrai  condurlo  a  morte. 

Se  nel  suo  cor  quest’  empio 
Sensi  non  vili  avrà  , 

Al  fiero  appello  accorrere 
Tosto  fra  noi  dovrà. 

Se  un  vii  non  sei ,  presentati  , 

( gridando  e  cavando  il  pugnale) 
0  qui  costei  morrà. 

Guln.  Taci. 

SCENA  IH. 

La  porta  si  schiude  ,  Corrado  vorrebbe  uscire  , 
ma  n  è  impedito  da  Medora. 

Med.  T’  arresta. 

Corr.  Lasciami.  —  (le  sfugge) 

Ferma  il  pugnai ,  pascià. 


c2$ 

Tempra  la  stolta  rabbia , 

Sospendi  il  colpo  ,  o  crudo  ; 

Se  d’uopo  hai  d’  una  vittima 
lo  t’  offro  il  petto  ignudo. 

Salva  costei,  ten  supplico 
Prostrandomi  al  tuo  piè.  — 

Sangue  se  chiedi  ,  o  barbaro  , 

Sangue  tu  avrai  da  me  ! 

Seid  Ambo  cadrete  ,  o  perfidi , 

Svenati  innanzi  a  me. 

Guln.  Io  fui  la  rea  ,  trafiggimi  ! 

Meo.  Pietà  di  lui  ...  di  me.  {s'ode  rumore ) 

Chi  vien  !  ( atterrita ) 

Voci  interne  Morte  ai  codardi  ! 

Guln.  Cielo  !  fuggite  ... 

SCENA  ULTIMA. 

Soldati  Turchi  ,  Popolo  Greco  ,  e  i  precedenti. 

Coro  È  tardi. 

Seid  Ambo  a  morir  si  traggano. 

Med.  Oh  deplorabil  dì! 

Corr.  Or  ben ,  s’  affretti  il  termine 
Cui  mi  condanna  Iddio  : 

Le  colpe  mie  si  debbono 
Scontar  col  sangue  mio.  — 

Ma  se  lasciarti  in  lagrime  , 

Dolce  amor  mio  dovrò  , 

Non  maledir  quel  misero 
Che  più  del  ciel  t’  amò  ! 

Med.  Grazia  —  su  me  ti  vendica, 

Ma  salva  la  sua  vita. 

Guln.  Salvalo,  e  in  core,  o  perfido, 

M’  apri  mortai  ferita. 

Seid  Frenate  ,  o  stolte  ,  i  gemiti  ; 

D’  entrambi  il  sangue  io  vo1. 

Med.  Guln.  Tronca  i  miei  giorni  ,  o  barbaro  , 

Ma  i  suoi  risparmia  ... 

No. 


Seid 


29 


Medora  ,  Gulnara  e  Donne 
Dunque  ,  o  crudel  carnefice  , 

Non  hai  pietà  nel  cor  ? 

Seid  e  Coro 

Ambo  a  morir  si  traggano , 

Grazia  non  v’  ha  per  lor. 

( Corrado  rassegnato  si  accosta  a  Medora 

e  i ’  abbraccia 

Cara,  un  amplesso  —  ahi  !  1’  ultimo  ... 

Il  cor  mancando  va! 

Corrado  e  Medora 
Come  immortale  è  1’  anima  , 

Tal  T  amor  mio  sarà  ! 

Gulnara  e  Donne 
I  vostri  affanni  ,  o  miseri , 

La  morte  scioglierà  ! 

Seid  e  Coro 

Perano  gli  empi ,  ah  !  perano  ! 

Gloria  al  possente  Affa  ! 

(/  Turchi  traggono  a  morte  Gulnara  e  Cor¬ 
rado  ,  strappandolo  dal  seno  di  Medora  , 
la  quale  sviene  in  braccio  alle  donne .  — 
Cade  la  tela) 


Fine  del  Dramma. 


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V 


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■ 


(ìli  spagnuoli  a  rasi 


AZIONI  eOBEOGB&FICA  IN  CINQUI  QUAIDBI 

DI 


FILIPPO  izza 


ARGOMENTO 


Regnava  a  Tunisi  lìluley  Mohamed  nei  primkmm 
del  secolo  XVI ,  tempo  in  cui  gli  Stati  Moreschi 
dell’Africa  settentrionale  erano  in  timor  grande  della 
potenza  crescente  della  Spagna.  Arudge  od  Aruccio 
Barbarossa ,  famoso  corsaro ,  posta  area  sua  stanza 
in  quella  città  ,  e  fatto  si  era  non  debole  appoggio 
al  vacillante  trono  di  Muley.  Ma  non  poterono  le 
unite  loro  forze  resistere  alla  poderosa  armata  che , 
per  purgar  quei  mari ,  allestirono  gli  Spagnuoli , 
e  diressero  contro  Tunisi ,  che  cadde  e  aperse  le  porte 
al  vincitore.  Accordò  questi  la  pace  a  condizione  che 
il  superbo  Muley  gli  concedesse  in  isposa  la  propria 
figlia ,  e  costui ,  secondato  dal  feroce  Arudge,  trar 
da  ciò  sperava  un  mezzo  di  pronta  vendetta ,  ma 
fallì  il  colpo ,  e  trionfarono  gli  Spagnuoli. 

Su  questi  fatti  ed  altri  episodii,  indispensabili  per 
lo  sviluppo  dell ’  azione ,  è  fondato  il  presente  ballo 
che  l’  umile  Compositore  offre  ad  un  Pubblico  quanto 
illuminato  altrettanto  cortese. 


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PERSONAGGI 


ATTORI 


MOHAMED,  Bey  diTunisi.  Montani  Lodovico 

HAISALK.  ,  sua  figlia.  Montani  Gesualda 

ARUDGE  BARBAROSSA,  Cuccoli  Angelo 
amante  non  corrisposto 
di  Haisalk. 


OSMAR,  Generale  Turco.  Pinzuti  Agrippa 

D.  ALVARO  DE  SAN-  Schiano  Vincenzo 
DRES,  Comandante  ge¬ 
nerale  deiresercito  spa- 
gnuolo. 


D.  PEDRO  DE  SANCHEZ,  Massini  Gaetano 
Generale  Spagnuolo. 

HADEM ,  Confidente  di  V  a retti  Augusta 
Haisalk. 


MUFTÌ’ ,  Sacerdote  Tu¬ 
nisino. 

UN  CARCERIERE. 


Porello  Giuseppe 


Grandi  del  regno  di  Tunisi 
(Jffìziali  e  Soldati  Tunisini  —  Uffiziali  e  Soldati 
Spagnuoli  —  Damigelle  —  Popolo  —  Eunuchi 
Sacerdoti  ,  ecc.  ecc. 

L  azione  è  in  Tunisi  e  nelle  sue  vicinanze. 

L  epoca  è  nel  secolo  XVI. 


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QUADRO  PRIMO* 

Accampamento  degli  Spagnuoli  sotto  le  mura 

dì  Tunisi . 

Festeggiasi  il  trionfo  degli  Spagnuoli.  Moliamed  ed 
Arudge  sono  tra  i  prigionieri  e  celano  ad  arte  Io 
sdegno  e  Y  avvilimento  da  che  son  presi.  I  grandi 
del  regno  prostrati  dinanzi  al  vincitore  D.  Alvaro  gli 
presentano  le  chiavi  della  citta ,  e  chieggon  pace. 
Esce  intanto  dalla  città  la  bella  Haisalk  seguita  da 
Hadem  e  da  altre  damigelle.  La  fama  del  valore  e 
dell’  avvenenza  del  giovin  duce  spagnuolo  non  era 
giunta  menzognera  ad  Haisalk,  che  nel  presentarglisi 
non  può  che  a  stento  nascondere  Y  emozione  che  ne 
prova.  Ella  implora  dal  vincitore  la  libertà  del  padre 
e  de’  suoi.  Alvaro  ammira  la  bellezza  e  le  grazie  di 
Haisalk  ,  e  accorda  la  pace  a  condizione  che  i  vinti 
assoggettinsi  alle  leggi  spagnuole.  Innalza  a  tal  uopo 
la  sua  bandiera  :  giuran  tutti ,  tranne  Mohamed 
e  Arudge  che  fremono  di  soppiatto.  D.  Alvaro ,  vinto 
dall’  avvenenza  di  Haisalk ,  rende  la  libertà  a  Mo¬ 
hamed  purché  gli  conceda  la  mano  di  sua  figlia. 
Gioia  di  Haisalk:  indignazione  di  Mohamed;  ma 

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Arudge  lo  consiglia  astutamente  ad  accondiscendere. 
Si  celebra  la  pace  con  liete  danze  ,  finite  le  quali 
D.  Alvaro  entra  trionfante  nella  città  alla  testa  del 
numeroso  suo  seguito.  Haisalk  segue  fra  le  sue  da¬ 
migelle  il  vincitore  nel  massimo  trasporto  di  gioia. 
Rimangon  soli  Mohamed  e  Arudge  ,  e  van  mac¬ 
chinando  un’  orribile  vendetta.  Arudge  dichiara  che 
Haisalk  sola  può  compirla  intera  ,  penetrando  nell’  ap¬ 
partamento  di  D.  Alvaro  ,  e  svenando  quel  superbo 
quando  sia  immerso  nel  sonno  5  e  si  riserba  la  cura 
di  sollevare  il  popolo  e  sterminare  i  nemici.  Approva 
Mohamed  questo  progetto  ,  abbraccia  Arudge  e  pro¬ 
mette  di  dargli  la  figlia  appena  sarà  spento  1’  odiato 
Spagnuolo.  Pieno  V  animo  di  tale  divisamente  ,  par¬ 
tono  per  eseguirlo. 


QUADRO  SECONDO» 

Gabinetto  di  Haisalk .  n 


La  giovinetta  entra  accompagnata  da  Hadem  e  dalie 
altre  sue  damigelle  che  si  rallegrano  per  le  prossime 
sue  nozze  ,  e  mentre  essa  è  intenta  alla  toeletta  ,  le 
danzano  scherzosamente  d’  intorno.  Giungono  Moha¬ 
med  e  Arudge.  Hadem  e  le  damigelle  si  ritirano.  11 
padre  abbraccia  con  tenerezza  la  figlia,  e  le  palesa  esser 
giunto  il  momento  di  salvar  la  patria,  e  riporre  sul  trono 
i!  suo  genitore  ...  ma  prima  di  svelarle  il  segreto  , 
chiede  ad  Haisalk  un  solenne  giuramento  di  eseguire  i 
suoi  cenni.  La  giovinetta  giura  .  .  .  Mohamed  brandisce 
allora  un  pugnale,  e,  consegnandolo  alla  figlia,  le 


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impone  d’  immergerlo  nel  seno  a  D.  Alvaro,  allorché 
sia  in  preda  al  riposo  ,  per  dar  poi  la  mano  ad  Arudge 
che  r  ama  teneramente.  Inorridisce  Haisalk,  e  il  ferro 
le  cade  di  mano.  Arudge  le  ricorda  il  giuramento  fatto 
al  padre  di  eseguire  scrupolosamente  i  suoi  cenni  , 
e  la  rimprovera  di  amar  meglio  farsi  sposa  di  un 
nemico  della  patria  che  accondiscendere  alle  affettuose 
sue  brame.  Haisalk  risponde  ad  Arudge  che  mori¬ 
rebbe  piuttosto  che  farsi  sua.  Mohamed  inveisce  con¬ 
tro  la  figlia  che  in  atto  supplichevole  si  è  prostrata  a’ 
suoi  piedi.  Giunge  D.  Alvaro.  Mohamed  fa  un  rapido 
cenno  ad  Haisalk  di  tacere ,  nasconde  prontamente 
il  pugnale  ,  e  simulando  s’  inchina  allo  Spaglinolo. 
Questi  ,  osservando  1’  angoscioso  stato  di  Haisalk ,  a 
lei  ne  chiede  il  motivo  ,  ma  astutamente  frapponen¬ 
dosi  Mohamed  gli  annunzia  tutto  esser  pronto  per  il 
rito  nuziale.  Gioisce  Arudge  nella  speranza  che  sarà 
compita  la  vendetta.  Partono  tutti. 


OMPRO  TJER3E©® 

Piazza  di  Tunisi.  Jn  fondo  moschea . 

1  Yono  da  un  lato. 

Le  truppe  Spagnuole  e  Tunisine  sono  intorno 
schierate.  Giungono  gli  spoSi  seguiti  da  Mohamed  ,  da 
Arudge  ,  e  da  numeroso  corteggio.  Ognuno  fa  a  gara 
in  rendere  omaggio  agli  sposi.  Muftì  reca  nel  mezzo  un 
ara.  Haisalk  si  prostra  per  rinunciare  alla  sua  fede.  Muftì 
le  toglie  dal  capo  il  velo  e  il  turbante  ,  lo  arde  ,  e 
quindi  rialza  Haisalk  e  l’ abbandona  fra  le  braccia 


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dello  sposo.  Questi  le  pone  sul  capo  una  corona  di 
iiori  e  la  guida  sotto  le  sue  bandiere.  Fremono  Mo- 
liamed  ed  Arudge,  ma  fingendo  calma  assidonsi  presso 
al  trono  a  cui  salgono  gli  sposi.  Festeggiasi  il  fausto 
avvenimento  con  liete  danze ,  terminate  le  quali  par¬ 
tono  gli  sposi  fra  le  generali  acclamazioni ,  accompa¬ 
gnati  dal  seguito  e  da  Mohamed.  Arudge  rimane  ad 
arte  per  radunare  a  sè  d’  intorno  molti  de’  suoi  più 
fidi,  eper  animarli  a  difendere  la  patria  e  a  rivendicarsi 
in  libertà.  Impugna  a  tal  uopo  una  bandiera  spa- 
gnuola  ,  e  furioso  la  calpesta.  Sventolano  i  Tunisini 
i  proprii  stendardi ,  e  giurando  di  darsi  tutti  alla  di¬ 
fesa  della  patria,  partono  animosi  preceduti  da  Arudge 
che  ne  è  ebbro  di  gioia. 


QUADRO  QUARTO* 

Stanza  nell1  appartamento  di  Haisalk. 
Larga  finestra  che  volge  verso  i  giardini. 
Da  un  lato  alcova  con  cortine. 


Accompagnata  dalla  fedele  Hadem  entra  Haisalk  per 
darsi  al  riposo.  La  damigella  parte.  Un  orribile  ura¬ 
gano  scoppia  poco  dopo.  L’ atterrita  giovinetta  si 
prostra.  Guardingo  intanto  si  avanza  Mohamed.  Haisalk 
si  avvia  verso  1  alcova  ,  md  il  padre  V  afferra  per  un 
braccio  ,  e  imponendole  silenzio  ,  brandisce  il  pugnale 
e  le  ricorda  esser  questo  il  momento  della  vendetta. 
Frega  invano  la  donzella:  il  padre  implacabile  al  rifiuto 
di  lei ,  giura  di  uccidere  D.  Alvaro  di  propria  mano. 
Haisalk  vedendo  sì  risoluto  il  padre  ,  e  sperando  di 


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poter  salvare  lo  sposo ,  finge  di  accondiscendere  agli 
infami  di  lui  progetti.  Mohamed  si  frena  e  le  consegna 
il  pugnale.  Odesi  rumore.  Haisalk  invita  il  padre  ad 
allontanarsi.  Giunge  D.  Alvaro  ,  e  corre  ad  abbrac¬ 
ciare  la  sposa  5  ma  quella  confusa  ed  atterrita  non  ha 
forza  per  corrispondere  agli  affettuosi  di  lui  tra¬ 
sporti.  Un  nero  sospetto  avvelena  ad  un  tratto  la 
gioia  di  D.  Alvaro ,  che  prendendole  la  mano  si  av¬ 
vede  del  pugnale  eh’  ella  tenta  invano  di  nascondere  : 
già  furente  si  allontana  e  sguainando  la  spada  le  im¬ 
pone  di  non  appressategli  ;  ma  ella  si  getta  a’  suoi 
piedi ,  assicurandolo  di  aver  strappato  quel  ferro 
di  mano  ad  un  crudele  che  quivi  erasi  introdotto 
per  tórgli  la  vita.  Sorpreso  D.  Alvaro  le  chiede  il 
nome  di  quel  ribaldo.  Ella  protesta  di  aver  giurato 
di  non  palesarlo  ,  e  prega  lo  sposo  a  porsi  in  salvo. 
In  questo  punto  si  avanza  Mohamed.  Haisalk  rad¬ 
doppia  le  sue  istanze  perchè  D.  Alvaro  si  sottragga 
al  pericolo  che  lo  minaccia.  Scopre  allora  costui 
T  infame  disegno  di  Mohamed  e  1’  innocenza  di  Hai¬ 
salk,  e  facendosi  scudo  alla  donzella  ,  si  avanza  ardito 
contro  Mohamed  e  gli  chiede  che  brami  a  queir  ora 
e  in  quel  luogo.  Questi  risponde  che  chiede  la  testa 
di  lui  e  quella  della  sua  figlia.  Haisalk  prega  per  lo  sposo, 
ma  Mohamed  la  respinge  e  le  misura  un  colpo  di 
scimitarra  sul  capo  che  vien  vigorosamente  riparato 
da  D.  Alvaro.  Alcuni  uffiziali  tunisini  si  avventano 
contro  0.  Alvaro  ,  che  non  vedendo  altro  scampo  si 
salva  colla  fuga.  Mohamed  vorrebbe  inveire  contro 
la  figlia ,  ma  Hadem  e  le  damigelle  ne  la  sottraggono. 
Ella  vien  divelta  dalle  braccia  delle  damigelle  e  tratta 
al  carcere.  Mohamed  parte  seguito  dai  suoi  uffiziali. 


OIJAimO  QUINTO. 


Vasto  e  oscuro  sotterraneo.  Gran  porta  j errata 

in  fondo. 

Trascinata  dalle  guardie  si  avanza  Haisalk.  Per  or¬ 
dine  di  un  uffiziale  viene  aggravata  di  catene.  Il  carce¬ 
riere  che  eseguisce  il  comando  è  commosso  dallo 
stato  infelice  della  figlia  del  suo  signore ,  e  ne  chiede 
ansioso  il  motivo.  Entra  Arudge  con  alcuni  de7  suoi, 
gioisce  ,  e  prende  a  scherno  quella  sventurata.  Ella 
rianima  il  suo  coraggio  ,  e  gli  rammenta  che  a  lei 
sola  ei  deve  la  vita  ,  e  il  rimprovera  che  a  tanto  be¬ 
nefizio  corrisponda  con  un  azione  sì  inumana.  Arudge 
indispettito  le  fa  vedere  la  > ciarpa  che  D.  Alvaro  ha 
perduta  fuggendo  ,  e  le  fa  credere  eh1  ei  più  non 
è  •  poscia  le  presenta  un  laccio ,  dicendole  esser 
questo  a  lei  destinato.  Ad  un  suo  cenno  le  son  tolti 
i  ceppi.  Il  carceriere  eseguisce  ,  osserva  ,  e  mostra 
di  aver  compreso  il  tenore  di  questa  trama  infernale. 
Arudge  fa  allontanare  i  suoi  seguaci.  Si  scosta  pure  il 
carceriere  ,  ma  non  perde  d’  occhio  la  vittima  infelice. 
Rimasti  soli  Arudge  e  Haisalk  ,  quegli  le  palesa  esser 
pronto  a  salvarla  se  accondiscende  ad  esser  sua. 
L’ infelice  è  in  preda  alle  più  crude  ambascie  ,  allor¬ 
ché  odonsi  da  lungi  replicati  colpi  di  cannone.  Scen¬ 
dono  precipitosi  alcuni  ufiiziali  con  faci ,  e  annun¬ 
ziano  la  sconfitta  del  loro  esercito  per  opera  di  I). 
Alvaro  che  già  entra  vittorioso  nel  reale  palazzo.  Giu¬ 
bilo  improvviso  di  Haisalk  alla  nuova  che  il  suo  con¬ 
sorte  è  in  vita.  Furore  di  Arudge,  che  snuda  la 


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scimitarra  per  uccidere  Haisaik  5  ma  il  carceriere  gli 
strappa  destramente  1’  arma  di  mano  ,  e  lo  ferisce. 
Giunge  intanto  disperato  e  ansante  Mohamed  cer¬ 
cando  uno  scampo  -,  ma  già  crolla  la  porta,  ed  entrano 
furibondi  gli  Spagnuoli  con  spade  sguainate  e  con 
faci  accese.  Arudge  spira.  D.  Alvaro  sta  per  trafiggere 
Mohamed  ;  ma  dona  la  vita  di  lui  ai  preghi  della 
consorte,  che  stringe  nelle  sue  braccia.